Prima Guerra Mondiale, Questa è Storia

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Spetsnaz_88
view post Posted on 7/12/2010, 10:16




PRIMA GUERRA MONDIALE



La prima guerra mondiale (per i contemporanei la Grande Guerra) fu il conflitto cominciato il 28 luglio 1914 con la dichiarazione di guerra dell'Austria alla Serbia a seguito dell'assassinio dell'arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono d'Austria, compiuto a Sarajevo (Bosnia Erzegovina) il 28 giugno 1914. L'attentatore fu il nazionalista serbo-bosniaco Gavrilo Princip, studente affiliato alla Mano Nera. Il conflitto si concluse oltre quattro anni dopo, l'11 novembre 1918, con la resa della Germania.

La prima guerra mondiale vide inizialmente lo scontro degli Imperi centrali di Germania e Austria-Ungheria contro la Serbia, ma in poche settimane il gioco di alleanze formatosi negli ultimi decenni dell'Ottocento tra gli stati europei comportò l'entrata nel conflitto degli stati dell'Intesa e delle rispettive colonie. Negli anni successivi la guerra raggiunse una scala mondiale, con la partecipazione di molte altre nazioni, fra cui l'Impero ottomano, l'Italia, la Romania, il Giappone, gli Stati Uniti e la Grecia, aprendo così altri fronti di combattimento, sia in terra sia sui mari.

Militarmente il conflitto si aprì con l'invasione austro-ungarica della Serbia, e parallelamente, con una fulminea avanzata tedesca in Belgio, Lussemburgo e nel nord della Francia, giungendo a 25 chilometri da Parigi.

L'esercito tedesco fu però bloccato sul fiume Marna e le sue speranze di una guerra breve e vittoriosa a pochi chilometri da Parigi, bloccato dai francesi in una battaglia che verrà definita "il miracolo della Marna". A quel punto la guerra sul fronte occidentale si trasformò in una lenta e sanguinosa guerra di posizione, dove, al costo di milioni di morti, il numero degli uomini impiegati e le nuove tecnologie messe in campo dalla Triplice Intesa ebbero la meglio sulla superiore organizzazione militare della Germania.

Ma sanguinoso fu allo stesso modo l'altro fronte principale della guerra, il fronte orientale, combattuto dagli imperi centrali contro l'esercito russo. Anche in questo caso la guerra di movimento, così magistralmente attuata dall'esercito tedesco nelle battaglie di Tannenberg e dei laghi Masuri, si trasformò in una guerra di posizione in grado di mietere milioni di vite.

Determinante per l'esito finale del conflitto mondiale fu, al penultimo anno di guerra, l'entrata in guerra degli Stati Uniti d'America, dell'Impero Giapponese e di innumerevoli altre nazioni che, pur non entrando militarmente a pieno regime nel conflitto, grazie agli aiuti economici dispensati agli alleati, si schierarono tutte contro gli imperi centrali facendo pendere definitivamente l'ago della bilancia già dapprima favorevole agli Stati dell'Intesa.

La guerra si concluse l'11 novembre 1918, quando la Germania, ultima degli Imperi Centrali a combattere, firmò l'armistizio con le forze dell'Intesa. Dopo l'inizio del 1918, infatti, l'impossibilità di continuare la guerra di posizione spinsero gli eserciti tedesco e austro-ungarico a lanciare grandi offensive impegnando tutti i propri uomini, ma vennero fermate. Il numero totale di morti è stato stimato in oltre sedici milioni: alle vittime militari (circa 10 milioni di soldati) vanno aggiunte le vittime civili, dovute non solo agli effetti diretti delle operazioni di guerra, ma anche alla carestia e alle malattie causate dalla guerra, ad esempio in Germania, sottoposta al blocco navale degli alleati, la fame provocò migliaia di morti tra la popolazione civile.

La guerra fu nello stesso tempo l'ultimo conflitto del passato (guerra di trincea e lenta), ma anche il primo grande conflitto in cui si usarono appieno tutti i mezzi moderni, come aeroplani, mezzi corazzati, sommergibili e le armi chimiche, tra cui il gas.

Origini della guerra

Lo scoppio della prima guerra mondiale nel 1914 segnò la fine di un lungo periodo della storia europea - durato un secolo ed iniziato nel 1815 con la sconfitta definitiva di Napoleone Bonaparte - senza un conflitto generalizzato che coinvolgesse tutte le grandi potenze europee. Questo lungo periodo di pace era stato una novità per l'Europa, visto che fino alla battaglia di Waterloo ben pochi erano stati gli anni in cui una delle grandi potenze europee non fosse stata impegnata in un conflitto militare. La pace europea dell'inizio del XX secolo tuttavia non aveva basi solide: nel corso dei decenni del XIX secolo vi erano state cinque guerre a carattere limitato che però avevano lasciato intuire quali distruzioni avrebbe portato il massiccio impiego di nuove tecnologie sui campi di battaglia. Fuori dall'Europa le guerre del XIX secolo erano state ancora più sanguinose: la guerra civile americana (1861-65) aveva fatto circa 600.000 morti, mentre la rivolta dei Taiping in Cina aveva fatto milioni di morti nel periodo 1850-64[2].

La guerra franco-prussiana del 1870-71 aveva portato non solo alla fondazione di un potente e dinamico Impero tedesco, ma anche a un'eredità di animosità tra la Francia e la Germania, a seguito dell'annessione a quest'ultima dei territori francesi di Alsazia e Lorena; questa corrente ideologica francese viene denominata con il termine revanscismo. Sotto la guida politica del suo primo cancelliere, Otto von Bismarck, la Germania assicurò la sua nuova posizione in Europa tramite l'alleanza con l'Impero austro-ungarico e l'Italia e un'intesa diplomatica con la Russia.

L'ascesa al trono (1888) dell'imperatore Guglielmo II, portò sul trono tedesco un giovane governante determinato a dirigere da sé la politica, nonostante i suoi dirompenti giudizi diplomatici. Dopo le elezioni del 1890, nelle quali i partiti del centro e della sinistra ottennero un grosso successo, ed in parte a causa della disaffezione nei confronti del Cancelliere che aveva guidato suo nonno per gran parte della sua carriera, Guglielmo II fece in modo di ottenere le dimissioni di Bismarck.

Gran parte del lavoro dell'ex cancelliere venne disfatto negli anni seguenti, quando Guglielmo II mancò di rinnovare il Trattato di controassicurazione con la Russia (1890), permettendo invece alla Francia repubblicana l'opportunità di concludere (1891-94) un'alleanza con la Russia.

Un altro passaggio fondamentale nel percorso verso la guerra mondiale fu la corsa al riarmo navale: Guglielmo riteneva che solo la creazione di una marina militare tedesca avrebbe reso la Germania una potenza mondiale. Nel 1896 fu nominato alla guida della marina imperiale l'ammiraglio Alfred von Tirpitz, mentre nel marzo 1898 il Reichstag approvò la costruzione entro il 1905 di 11 navi da battaglia, 5 incrociatori pesanti e 17 incrociatori leggeri. Tale decisione era una sfida aperta al secolare predominio navale britannico e favorì l'accordo anglo-francese (detto Entente cordiale) del 1904 e l'accordo anglo-russo (1907), che chiudeva un secolo di rivalità fra le due potenze nello scacchiere asiatico.

La corsa agli armamenti non si limitò a Regno Unito e Germania, ma si estese al resto d'Europa, con tutte le principali potenze impegnate nello sviluppo della produzione industriale finalizzata alla costruzione di equipaggiamenti ed armi necessari ad un possibile conflitto pan-europeo. Tra il 1908 ed il 1913 le spese militari delle potenze europee aumentarono del 50%, mentre sia la Francia sia la Germania stavano pianificando di estendere il servizio militare di leva per un periodo di 3 anni (1913).

La rivalità tra le potenze venne esacerbata negli anni ottanta del XIX secolo dalla corsa alle colonie, che portò gran parte dell'Africa e dell'Asia sotto la dominazione europea nel successivo quarto di secolo. Anche Bismarck, un tempo esitante sull'imperialismo, divenne ben presto un sostenitore della necessità di un impero tedesco d'oltremare, decidendo una serie di acquisizioni territoriali in Africa e nel Pacifico, che minacciava di interferire con gli interessi strategici e commerciali britannici.

Il supporto di Guglielmo all'indipendenza del Marocco dalla Francia, il nuovo partner strategico della Gran Bretagna, provocò la crisi di Tangeri del 1905. Durante la seconda crisi marocchina (o crisi di Agadir, 1911), la presenza navale tedesca in Marocco mise di nuovo alla prova la coalizione anglo-francese.

Un ingrediente chiave dell'emergente polveriera diplomatica fu la crescita delle forti aspirazioni nazionalistiche degli stati balcanici: ognuno dei quali guardava a Germania, Austria-Ungheria o Russia per ottenere supporto. La nascita di circoli anti-austriaci in Serbia contribuì a un'ulteriore crisi nel 1908 riguardante l'annessione unilaterale della Bosnia ed Erzegovina da parte dell'Austria oltre alla pressione tedesca per forzare un umiliante declino da parte della Russia, indebolita dai disordini rivoluzionari originati dalla sconfitta del 1905 contro il Giappone.

Lo scoppio della guerra

Lo scoppio della guerra è convenzionalmente associato all'assassinio dell'arciduca Francesco Ferdinando e di sua moglie per mano dello studente bosniaco Gavrilo Princip il 28 giugno 1914; in ogni caso l'attentato di Sarajevo diede un formidabile Casus Belli all'Austria-Ungheria. All'attentato seguì un periodo di contatti diplomatici fra le potenze europee detto "crisi di luglio".

I governi di Austria-Ungheria e Serbia furono i primi ad essere coinvolti nella crisi, visto il convincimento delle autorità austriache che l'attentato fosse stato preparato con la connivenza del governo e di ufficiali serbi. Inoltre a Vienna si riteneva che la sopravvivenza della monarchia asburgica dipendesse dalla soluzione del problema delle minoranze nazionali all'interno dell'impero, pertanto l'attentato era anche un ottimo motivo per eliminare definitivamente l'influenza serba in Bosnia.

L'Austria-Ungheria il 23 luglio 1914 inviò alla Serbia un ultimatum, un insieme di dieci richieste quasi inaccettabili, compilate con l'intenzione di provocare la guerra con la Serbia. L'ultimatum richiedeva di smantellare le organizzazioni patriottiche rivolte contro gli austriaci e di permettere la partecipazione di funzionari imperiali alle indagini sull'assassinio. L'ultimatum doveva essere accettato nel giro di 48 ore per evitare gravi conseguenze. Il governo serbo accettò quasi tutte le richieste, rifiutando apertamente solo quella che avrebbe permesso alla polizia austriaca di condurre indagini in territorio serbo. L'Austria ruppe perciò le relazioni diplomatiche il 25 luglio e dichiarò guerra il 28.

La Russia, paese vicino alla Serbia politicamente ed etnicamente, mobilitò completamente le sue riserve il 30 luglio. La Germania richiese, invano, che la Russia sospendesse la mobilitazione e il 1º agosto mobilitò le sue forze dichiarando guerra alla Russia e all'alleata di quest'ultima, la Francia, due giorni dopo. Le procedure tedesche di mobilitazione prevedevano, infatti, inevitabilmente la guerra.

Dopo l'aggressione tedesca del Belgio, indispensabile per la realizzazione del Piano Schlieffen contro la Francia, la Gran Bretagna, il 4 agosto, dichiarò guerra alla Germania.

I primi mesi di guerra

L'idea dei generali tedeschi era quella di una guerra lampo che cogliesse impreparato l'esercito francese. La Francia dal canto suo, era sicura di essere attaccata da Sud, al confine con l'Italia pensando che quest'ultima, si sarebbe alleata con gli imperi centrali.

Il piano strategico tedesco per affrontare l'alleanza franco-russa prevedeva di costringere alla resa la Francia in sei settimane (usando una variante del piano Schlieffen), per concentrare poi le forze contro l'esercito russo, che, secondo le previsioni, avrebbe impiegato mesi alla mobilitazione.

Nell'agosto 1914 le 7 armate tedesche schierate sul fronte occidentale si misero in azione secondo il piano, ossia un rapido attacco alla Francia condotto attraverso le Ardenne e violando la neutralità del Belgio. Le tre armate sul settore nord (la 1ª, la 2ª e la 3ª) avrebbero dovuto avere la meglio sulle forze alleate, raggiungere Parigi ed infine completare la manovra circondando le armate francesi schierate sul confine tedesco, dove stava il sistema principale di fortificazioni allestito dalla Francia.

La manovra ebbe inizialmente successo, in modo particolare nella battaglia delle frontiere (14–24 agosto), di modo che i tedeschi poterono continuare l'avanzata verso Parigi. La situazione per gli alleati sembrava volgere al peggio: il 2 settembre il governo francese abbandonava la capitale per trasferirsi a Bordeaux, mentre il giorno dopo l'esercito tedesco era a soli 40 km da Parigi. In questa situazione di panico generale - un milione di parigini aveva abbandonato la città - il generale Gallieni, governatore militare di Parigi approntava le difese, avendo a disposizione una nuova armata appena costituita da schierare nel sistema di trincee e fortificazioni che attorniavano la capitale.

Tuttavia il 12 settembre, i francesi, con l'aiuto della British Expeditionary Force (l'armata britannica inviata al fronte), bloccarono l'avanzata nemica ad est di Parigi nella prima battaglia della Marna (5–12 settembre). Gli ultimi giorni di questa battaglia segnarono la fine della guerra mobile ad occidente.

Anche ad oriente, dove la Germania schierava la sola 8ª Armata con il compito di difendere la Prussia Orientale, non tutto andò secondo le previsioni. La Russia mobilitò più velocemente del previsto e due armate invasero la Prussia Orientale, obbligando i tedeschi a spostare verso oriente i rinforzi previsti per il fronte occidentale. La Germania sconfisse duramente la Russia nelle battaglie di Tannenberg e dei Laghi Masuri, ma questa diversione di forze fu decisiva per fermare l'avanzata tedesca su Parigi (vittoria alleata nella prima battaglia della Marna del settembre 1914).

Al termine dei primi due mesi di guerra, svanì l'illusione di una rapida guerra e gli Imperi Centrali (l'Impero Germanico e quello Austro-Ungarico) furono costretti a combattere una inevitabile e logorante guerra su due fronti.

La prima occupazione alleata del territorio nemico fu in Africa dove le forze britanniche attaccarono e catturarono la sede amministrativa tedesca dell'odierna Namibia, al tempo colonia tedesca.

La corsa al mare

Francia e Gran Bretagna si trovarono ad affrontare le posizioni tedesche trincerate, dalla Lorena fino alle coste belghe nelle Fiandre. Entrambi gli schieramenti presero posizione, i francesi e i britannici cercando di andare all'attacco, i tedeschi cercando di difendere il territorio da loro occupato. Di conseguenza, le trincee tedesche erano molto meglio costruite di quelle dei loro nemici, dato che quelle anglo-francesi erano pensate solo per essere "temporanee".

Le forze di entrambi gli schieramenti provarono a rompere la situazione di stallo creata dal trinceramento attraverso nuove tecnologie applicate agli armamenti. Il 22 aprile 1915 durante la seconda battaglia di Ypres, i tedeschi (in violazione della Convenzione dell'Aia del 1899) impiegarono per la prima volta sul fronte occidentale gas a base di cloro. Le truppe algerine colpite dal gas subirono gravissime perdite e i sopravvissuti si ritirarono, aprendo così un breccia di 6 chilometri nella linea alleata che consentì ai tedeschi di conquistare Bois-de-Cuisinères. La breccia fu chiusa solo dopo il successivo intervento delle truppe canadesi. Nel corso dei 4 anni della guerra di trincea, nessuno dei due schieramenti si dimostrò in grado di assestare un colpo decisivo all'avversario, per quanto la protratta azione tedesca nella battaglia di Verdun (1916) e il fallimento alleato della primavera successiva, portarono l'esercito francese sull'orlo del collasso, mentre le diserzioni di massa minavano la linea del fronte.

Circa 800.000 soldati dalla Gran Bretagna e dall'Impero britannico si trovavano contemporaneamente sul fronte occidentale: 1.000 battaglioni, ognuno occupante un settore del fronte, dal Belgio fino all'Arne, che operavano su un sistema mensile a quattro stadi, a meno che non ci fosse un'offensiva in corso. Il fronte conteneva quasi 10.000 chilometri di trincee. Ogni battaglione teneva il suo settore per quattro settimane prima di tornare nelle retrovie, quindi nella riserva e infine per una settimana in licenza, spesso nella zona di Poperinge o di Amiens.

Il fronte orientale e la Russia


Lo svolgimento della prima guerra mondiale sul fronte orientale ebbe caratteristiche notevolmente differenti rispetto al fronte occidentale, dove in breve tempo si era raggiunto lo stallo nelle trincee. Secondo i piani iniziali dello Stato Maggiore tedesco era necessario concludere rapidamente una campagna vittoriosa sul fronte occidentale prima di spostare ad est il grosso delle forze, confidando sul fatto che i russi avrebbero impiegato molto tempo prima di completare la mobilitazione.

Dal suo canto la Russia aveva preso in considerazione per la guerra due diversi piani strategici: il "piano A" prevedeva di attaccare l'Austria-Ungheria in Galizia nel caso in cui la Germania si fosse concentrata ad ovest; l'alternativo "piano G" sarebbe stato eseguito nell'ipotesi che la Germania avesse adottato una strategia orientale. La decisione finale del 6 agosto 1914 fu di procedere col "piano A".

Vittorie tedesche ad est

Il piano strategico A fu però modificato, pertanto accanto all'invasione della Galizia austriaca, fu deciso dallo Stato Maggiore russo di passare all'offensiva anche in Prussia Orientale, in modo da minacciare la stessa Berlino. Anche se l'iniziale avanzata in Galizia fu di ampio successo, i russi vennero respinti in Prussia dalle vittorie dei generali tedeschi Hindenburg e Ludendorff a Tannenberg e ai Laghi Masuri nell'agosto e settembre del 1914.

L'organizzazione militare ed economica russe, meno sviluppate, si rivelarono presto insufficienti davanti alle forze combinate di Germania e Austria-Ungheria. Nella primavera del 1915 i russi vennero respinti in Galizia, e in maggio gli Imperi Centrali ottennero un importante sfondamento ai confini meridionali del Regno del Congresso, l'odierna Polonia, espugnando Varsavia il 5 agosto e costringendo i russi alla "Grande Ritirata" dalla Galizia (17 agosto-14 settembre 1915), mentre la Germania estendeva il suo controllo sulle terre polacche, oltre che sulla Lituania e su gran parte della Lettonia.

La Russia in subbuglio

L'insoddisfazione nei confronti della condotta di guerra del governo russo crebbe, nonostante i successi contro gli austriaci del giugno 1916 (offensiva Brusilov) nella Galizia Orientale ed in Bucovina.

Le fortune alleate si ravvivarono solo temporaneamente con l'ingresso in guerra della Romania, il 27 agosto. Le forze tedesche arrivarono in aiuto delle unità austriache impegnate in Transilvania, e Bucarest cadde ai piedi degli Imperi Centrali il 6 dicembre. Nel frattempo, l'instabilità interna crebbe in Russia, e lo Zar rimase isolato al fronte, mentre il sempre più incompetente governo dell'Imperatrice provocò proteste da tutti i segmenti della vita politica russa, risultando nell'assassinio del consigliere prediletto della zarina Alessandra, Rasputin, da parte di nobili conservatori alla fine del 1916.

La rivoluzione in Russia

Vladimir Illyich Lenin
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Il 23 febbraio 1917 (8 marzo per il calendario in vigore nell'Europa occidentale), le dimostrazioni di San Pietroburgo (ribattezzata Pietrogrado per abbandonare il toponimo germanico, inopportuno in tempo di guerra) culminarono nell'abdicazione di Nicola II e alla nomina di un debole Governo provvisorio centrista, che condivise il potere con i socialisti del Soviet di Pietrogrado. Questa divisione dei poteri portò alla confusione e al caos, sia al fronte che a casa, e l'esercito divenne sempre meno capace di resistere efficacemente alla Germania. Nel frattempo, la guerra e il governo, divennero sempre più impopolari, e il malcontento venne usato strategicamente dal Partito Bolscevico, guidato da Vladimir Lenin, allo scopo di prendere il potere.

Il trionfo dei Bolscevichi, in novembre (ottobre per il calendario russo), fu seguito in dicembre da un armistizio e da negoziati con la Germania. All'inizio, i Bolscevichi rifiutarono i duri termini imposti dalla Germania, ma quando questa riprese la guerra e cominciò a marciare impunita attraverso l'Ucraina, il nuovo governo accettò il Trattato di Brest-Litovsk il 3 marzo 1918, che portò la Russia fuori dalla guerra dietro cessione agli Imperi Centrali di vasti territori comprendenti la Finlandia, le Province Baltiche, la Polonia e l'Ucraina (che comprendevano più di un quarto della popolazione russa).

Partecipazione Italiana

Dalla neutralità all'entrata in guerra

Dal 1882, l'Italia era alleata di Germania e Austria-Ungheria, ma negli anni precedenti allo scoppio della Grande Guerra, intensificò i rapporti con Regno Unito e Francia, conscia che gli accordi con gli austriaci non le avrebbero garantito quei territori italiani ancora staccati dalla Medrepatria. Inoltre, l'annessione austriaca della Bosnia-Erzegovina fu percepita, sia a Vienna sia a Roma, come una violazione del Trattato, che era basato sul mantenimento dello status quo nei Balcani.

Pochi giorni dopo lo scoppio della guerra, il 3 agosto 1914, il governo guidato dal conservatore Antonio Salandra dichiarò che l'Italia non avrebbe preso parte al conflitto, forte del fatto che la Triplice Alleanza aveva carattere difensivo, mentre in questo caso era stata l'Austria-Ungheria ad attaccare. In realtà, sia Salandra sia il ministro degli esteri Sidney Sonnino avviarono presto trattative con i due schieramenti per capire cosa avrebbero potuto ottenere da una o dall'altra parte. E, anche se la maggioranza del parlamento era assolutamente contraria all'entrata in guerra, primo tra tutti l'ex presidente del Consiglio Giolitti, molti intellettuali e alcuni politici si schierarono con gli «interventisti», per lo più nazionalisti e parte dei liberali.

Alla fine, il 26 aprile del 1915, al termine di un'ardua trattativa, l'accordo con l'Intesa si concretizzò nel Patto di Londra, firmato da Sonnino all'insaputa del parlamento italiano[35]. Con il Patto di Londra l'Italia ricevette la promessa di ottenere, in caso di vittoria, i territori rivendicati.

Così il 3 maggio, l'Italia si disimpegnò dalla Triplice Alleanza, mentre i nazionalisti manifestavano in piazza per l'entrata in guerra, i parlamentari neutralisti ricevettero minacce e intimidazioni, (lo stesso Giolitti dovette assumere una scorta). Il 13 maggio Salandra presentò al Re le dimissioni; Giolitti, nel timore di approfondire una grossa frattura all'interno del paese, di provocare una crisi istituzionale di larga portata e di compromettere il paese all'esterno, rinunciò alla successione e fece in modo in sostanza che l'incarico venisse conferito nuovamente a Salandra. L'Italia entrò perciò in guerra per volontà di un gruppo di relativa minoranza, chiamando a combattere i militari lungo più di 750 chilometri di fronte, che andavano dal Mare Adriatico al confine svizzero.

L'Italia entra in guerra

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L'Italia dichiarò guerra all'Austria-Ungheria il 24 maggio 1915 e alla Germania quindici mesi più tardi.

Il comando delle forze armate italiane fu affidato al generale Luigi Cadorna. Il nuovo fronte aperto dall'Italia ebbe come teatro l'arco alpino dallo Stelvio al mare Adriatico e lo sforzo principale tendente allo sfondamento del fronte fu attuato nella regione della valli isontine, in direzione di Lubiana. Anche qui, dopo un'iniziale avanzata italiana, gli austro-ungarici ricevettero l'ordine di trincerarsi e resistere. Si arrivò così a una guerra di trincea simile a quella che si stava svolgendo sul fronte occidentale: l'unica differenza consisteva nel fatto che, mentre sul fronte occidentale le trincee erano scavate nel fango, sul fronte italiano erano scavate nelle rocce e nei ghiacciai delle Alpi, fino ed oltre i 3.000 metri di altitudine.

Tanti caduti, pochi risultati

Nei primi mesi di guerra l'Italia sferrò quattro offensive contro gli austro-ungarici ad est, le prime quattro offensive sull'Isonzo, che non portarono nessun risultato degno di nota, si arrivò così all'inizio del 1916. Mentre in febbraio gli austro-ungarici ammassarono truppe in Trentino, l'11 marzo, per otto giorni, si svolse la Quinta battaglia dell'Isonzo, anch'essa non portò ad alcun risultato.

La ripresa delle operazioni arrivò in maggio. Dal 12 maggio al 28 maggio si svolse la Decima battaglia dell'Isonzo. Dal 10 giugno al 25 giugno si svolse invece la Battaglia del Monte Ortigara voluta da Cadorna per riconquistare alcuni territori del Trentino rimasti in mano austro-ungarica. Il 18 agosto ebbe inizio la più imponente delle offensive italiane, l'Undicesima battaglia dell'Isonzo: anche questa non porterà significativi cambiamenti e verrà pagata a caro prezzo, sia come perdite che come conseguenze.

Da Caporetto alla fine della guerra

Visti gli esiti dell'ultima offensiva italiana, austro-ungarici e tedeschi decisero di contrattaccare. Il 24 ottobre gli austro-ungarici e i tedeschi sfondarono il fronte dell'Isonzo a nord convergendo su Caporetto e accerchiarono la 2ª Armata italiana, da lì gli austriaci avanzarono per 150 km in direzione sud-ovest raggiungendo Udine in soli quattro giorni. La Disfatta di Caporetto provocò il crollo del fronte italiano sull'Isonzo con la conseguente ritirata delle armate schierate dall'Adriatico fino alla Valsugana, oltre alle perdite umane e di materiale. La ritirata venne prima effettuata portando l'esercito lungo il Tagliamento, ed in seguito fino al Piave, l'11 novembre 1917, quando tutto il Veneto (Venezia compresa) sembrava potesse andare perduto.

In seguito Cadorna, invitato a far parte della Conferenza interalleata a Versailles, venne sostituito, per volere del nuovo presidente del consiglio Vittorio Emanuele Orlando, dal generale Armando Diaz, l'8 novembre 1917, dopo che la ritirata si stabilizzò definitivamente sulla linea del Monte Grappa e del Piave.

Gli austro-ungarici e i tedeschi chiusero il 1917 con le offensive sul Piave, sull'Altipiano di Asiago e sul monte Grappa, la ritirata sul fronte del Grappa-Piave però consentì all'esercito italiano, ora in mano a Diaz, di concentrare le sue forze su di un fronte più breve e soprattutto, con un mutato atteggiamento tattico, più orgoglioso e determinato.
Gli austro-ungarici fermarono gli attacchi in attesa della primavera del 1918, preparando un'offensiva che li avrebbe dovuti portare a penetrare nella pianura veneta. La fine della guerra contro la Russia fece sì che la maggior parte dell'esercito impiegato sul fronte orientale potesse spostarsi a ovest.

L'offensiva austro-ungarica arrivò il 15 giugno: l'esercito dell'Impero attaccò con 66 divisioni nella cosiddetta battaglia del solstizio, che vide gli italiani resistere all'assalto e infliggere al nemico pesantissime perdite. Gli austro-ungarici, per i quali la battaglia del solstizio era l'ultima possibilità per dare una svolta al conflitto e ribaltarne le sorti, persero le loro speranze, e con i popoli dell'impero asburgico sull'orlo della rivoluzione, l'Italia anticipò ad ottobre l'offensiva prevista per il 1919, impedendo la prosecuzione dell'offensiva.

Da Vittorio Veneto, il 23 ottobre partì l'offensiva, con condizioni climatiche pessime. Gli italiani avanzarono rapidamente in Veneto, Friuli e Cadore e il 29 ottobre l'Austria-Ungheria si arrese. Il 3 novembre, a Villa Giusti, presso Padova l'esercito dell'Impero firmò l'armistizio; i soldati italiani entrarono a Trento mentre i bersaglieri sbarcarono a Trieste, chiamati dal locale comitato di salute pubblica, che però aveva richiesto lo sbarco di truppe dell'Intesa.

« 4 novembre 1918, ore 12

La guerra contro l'Austria-Ungheria che, sotto l'alta guida di S. M. il Re Duce Supremo, l'Esercito italiano, inferiore per numero e per mezzi, iniziò il 24 maggio 1915 e con fede incrollabile e tenace valore condusse ininterrotta ed asprissima per 41 mesi, è vinta.
I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo, risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano disceso con orgogliosa sicurezza.


Diaz »

(Dal comunicato del Comando Supremo "Bollettino della Vittoria")

Il giorno seguente, mentre il generale Armando Diaz annunciava la vittoria, venivano occupate Rovigno, Parenzo, Zara, Lissa e Fiume. L'esercito italiano forzò la linea del Trattato di Londra intendendo occupare anche Lubiana, ma fu fermato poco oltre Postumia dalle truppe serbe.

I fronti ottomani

Le campagne degli alleati

Gli alleati (britannici, francesi, australiani e neozelandesi) aprirono nel 1915 un nuovo fronte con lo sbarco nei pressi di Gallipoli che avrebbe dovuto condurre rapidamente alla presa degli Stretti Turchi e di Istanbul. Tuttavia i turchi riuscirono con successo a contenere gli attacchi degli alleati, che alla fine, sia per le gravi perdite subite sia per la situazione di stallo, decisero di evacuare la zona di Gallipoli fra il dicembre 1915 ed il gennaio 1916. In Mesopotamia invece, dopo il disastro dell'assedio di Kut (1915-16), i britannici si riorganizzarono e catturarono Baghdad nel marzo 1917.

Più a ovest, in Palestina, gli iniziali fallimenti britannici vennero ribaltati con la conquista di Gerusalemme nel dicembre 1917 e la Forza di spedizione egiziana guidata da Edmund Allenby che sconfisse le forze ottomane nella battaglia di Megiddo (settembre 1918). Decisiva, nella campagna britannica in Medio Oriente, fu l'azione di T.E. Lawrence, meglio conosciuto come Lawrence d'Arabia che, riuscendo a coinvolgere le tribù arabe contro l'Impero ottomano, conquistò il porto di Aqaba, sul Mar Rosso e successivamente la città di Damasco.

Il fronte serbo


Dopo aver respinto tre tentativi di invasione, operati dalle forze austro-ungariche dall'agosto al dicembre del 1914, la Serbia cedette all'urto del contingente di 500.000 uomini, formato da Germania, Austria-Ungheria e Bulgaria, guidato da feldmaresciallo August von Mackensen. L'offensiva degli Imperi Centrali, lanciata in Kosovo il 6 ottobre 1915, frantumò la resistenza dei 250.000 serbi, in un feroce scontro nella piana dei Merli, già teatro di una precedente disfatta serba, nel XIV secolo. Completamente in rotta, le truppe serbe tentarono di raggiungere l'Albania, dove il porto di Valona era saldamente presidiato dall'Esercito Italiano, o il nord della Grecia, dove una forza franco-britannica di 200.000 uomini era sbarcata a Salonicco, il 5 ottobre, per tentare di unirsi all'esercito serbo. Le truppe degli Imperi Centrali incontrarono la forte resistenza delle popolazioni civili nelle varie cittadine che rallentò l'avanzata dei vincitori; come nella cittadina di Pirot, dove le colonne dell'esercito bulgaro vennero seriamente impegnate da una moltitudine di ragazzi e donne, armati solo di coltelli e rudimentali bombe a mano. La ritirata dell'esercito serbo si trasformò in una vera ecatombe per i 70.000 prigionieri austro-ungarici al seguito, già debilitati da mesi di durissima prigionia, che vennero falcidiati dalle malattie e dagli stenti. Di questi, solo 27.000 giunsero a Valona e, molti, in condizioni disperate per la denutrizione, il tifo e il colera. Le autorità sanitarie italiane tentarono ogni mezzo per salvare le loro vite, fino all'alimentazione con latte e brodo di gallina, dopo che la distribuzione del normale rancio aveva causato centinaia di morti per l'atrofia dell'apparato digerente dovuta al lungo digiuno.

Il ruolo italiano

Anche l'Italia diede il suo contributo alla campagna contro gli Ottomani sul fronte balcanico. Due divisioni di 10.000 uomini furono sbarcate a Salonicco e diedero battaglia durante la campagna in Serbia. Le navi principali furono invece ancorate a Valona e altri porti albanesi. Furono decisive anche quando gli Ottomani tentarono un fallito attacco a Suez, unendosi agli inglesi. Inoltre, nella guerra italo-turca, la Regia Marina aveva distrutto la quasi totalità della flotta ottomana, indebolendo molto un già affaticato impero.

Teatri asiatici: il contributo giapponese

L'Impero Giapponese dichiarò guerra alla Germania il 23 agosto 1914, trovandosi alleato dell'Impero russo sconfitto 9 anni addietro nella Guerra russo-giapponese. Lo stato giapponese aveva come imperatore, dal 1912, Taishō, sotto il cui regno si stava attraversando un periodo di benessere economico e di sviluppo militare.

Nel 1914 la Marina Imperiale Giapponese era senza dubbio la forza più potente nel Pacifico, superiore perfino alle flotte inglese e americana nell'area: essa disponeva di 22 corazzate, 2 incrociatori da battaglia, 15 incrociatori corazzati, 19 incrociatori, 50 cacciatorpediniere, 40 torpediniere e 13 sommergibili. Tutte le unità erano di recente costruzione e molte erano prodotte in patria secondo i migliori standard militari europei: molte parteciparono in seguito anche alla seconda guerra mondiale. Poco dopo il 23 agosto, le truppe giapponesi sbarcarono 150 chilometri a nord della base tedesca di Tsingtao, assediando la città che capitolò il 7 novembre successivo; in breve tempo la marina nipponica acquisì il controllo di vaste zone del Pacifico e dell'isola di Palau, costringendo alla ritirata le unità tedesche presenti. La squadra navale del viceammiraglio Maximilian Johannes von Spee fu costretta a rientrare verso la Germania attraverso lo Stretto di Magellano e venne poi affondata dagli inglesi nella battaglia delle Falkland. L'operato della marina giapponese impedì attacchi all'India, all'indocina e alla Malesia.

Neutralizzate le colonie e la flotta tedesche ed assicuratosi il controllo dell'Oceano Pacifico, il Giappone rimase in relativa tranquillità fino al 1917, quando su pressante richiesta dei francesi fu inviata una squadra navale per dare la caccia agli u-boot tedeschi nel Mediterraneo, che stavano tagliando le linee di rifornimento marittime della Francia, già sotto pressione sul fronte nord. La flotta giapponese nel Mediterraneo era comandata dal viceammiraglio Satou ed era costituita dall'incrociatore Akashi e dodici cacciatorpediniere, fra cui il Katsura, il Kusunoki e l'Ume, tutte unità modernissime, che eliminarono con efficienza ogni minaccia al traffico mercantile alleato. Politicamente e moralmente, fu per il Giappone un successo clamoroso: era infatti la prima flotta asiatica della storia a combattere con successo nei mari occidentali.

Rovesciamento delle sorti


Il 1917 vide l'ingresso in guerra degli Stati Uniti a fianco delle potenze dell'Intesa, mentre il collasso dell'impero russo permise alla Germania di spostare ad ovest le truppe dispiegate sul fronte orientale (ed in secondo luogo all'Austria di rafforzare il fronte italiano). Sarebbe stato dunque sul fronte occidentale che sarebbe stato deciso l'esito della guerra.

Ingresso degli Stati Uniti

All'inizio del 1917 tre elementi spingevano a favore di un impegno militare americano a fianco dell'Intesa.

Sebbene nel dicembre 1916 gli imperi centrali fossero riusciti ad impadronirsi di un importante canale di approvvigionamento con l'occupazione della Romania e l'acquisizione del controllo della regione danubiana, il nulla di fatto con cui si era conclusa la battaglia dello Jütland (31 maggio - 1 giugno 1916) aveva lasciato agli inglesi il dominio dei mari, permettendo loro di mantenere il blocco navale ai danni della Germania. Il giogo del blocco marittimo britannico era ormai diventato un problema ineludibile, ma d'altro canto i vertici militari erano confidenti che, una volta annientato il blocco, avrebbero potuto risolvere la partita sul fronte occidentale nel giro di pochi mesi; così i vertici tedeschi si risolsero per estendere la guerra sottomarina, anche se ciò comportava inevitabilmente la prospettiva del coinvolgimento americano. In effetti gli Stati Uniti erano assurti al ruolo di grande potenza industriale già all'inizio del secolo, e nel corso del primo decennio avevano proceduto ad incrementare la produzione del 76%; all'inizio degli anni dieci gli Stati Uniti erano anche tra i maggiori esportatori di prodotti alimentari (leader in particolare nelle esportazioni di cereali e carne bovina); nei primi tre anni di guerra il volume delle esportazioni americane in Europa si era quadruplicato, nonostante il commercio con la Germania fosse azzerato dal blocco inglese. Pertanto la prospettiva tedesca di incentivare la guerra sottomarina, al di là delle ripercussioni sui sentimenti umanitari e sulle sensibilità delle diverse opinioni pubbliche, avrebbe necessariamente leso gli enormi interessi commerciali dei paesi fornitori, primi fra tutti gli USA. Il primo febbraio 1917 la Germania formalizzò la cosiddetta guerra sottomarina indiscriminata: da quel momento in avanti ogni nave diretta ai porti dell'Intesa sarebbe stata considerata un bersaglio legittimo; pochi giorni dopo gli Stati Uniti ruppero le relazioni diplomatiche col Reich.

Sempre all'inizio del 1917, nell'eventualità del coinvolgimento americano i tedeschi provarono a sondare il Messico per un'alleanza economico-militare contro gli USA; ma il Telegramma Zimmermann (16 gennaio) venne intercettato dagli inglesi, fatto pervenire al governo statunitense mediante canali diplomatici (21 febbraio), quindi pubblicato dalla stampa (1 marzo). Una volta che la notizia ebbe a rivelarsi attendibile, l'opinione pubblica americana reagì con forte preoccupazione: gli USA in quel momento avevano grossi interessi economici in Messico, per via degli ingenti investimenti effettuati e del delicato quadro geopolitico della regione conseguente alla guerra civile messicana; i fiorenti traffici (più o meno legali) di frontiera ed il flusso migratorio in ingresso erano considerati irrinunciabili; infine la semplice promessa tedesca di ricompense territoriali a spese dell'Unione fu considerata irritante.

Dal punto di vista economico, vi era sul piatto una questione ancora più stringente di quella delle esportazioni messe a repentaglio dalla guerra sottomarina. Infatti già nel corso dei primi due anni di guerra i rapporti di forza tra i sistemi finanziari americano ed europeo si erano rovesciati: se inizialmente gli europei avevano contribuito a finanziare in larga parte l'industrializzazione americana, ora gli USA erano diventati creditori nei confronti di tutti paesi europei impiegati nello sforzo bellico. Ma all'inizio del 1917 la situazione creditizia degli opposti schieramenti era ormai pesantemente asimmetrica, dacché, se il debito tedesco ammontava a circa 27 milioni di dollari, quello inglese si attestava attorno ai 2 miliardi: ossia era oltre settanta volte superiore. Pertanto una sconfitta dell'Intesa avrebbe provocato la prevedibile insolvibilità dei principali creditori degli americani, e le ripercussioni sulla loro economia sarebbero state a dir poco disastrose.

Il presidente Woodrow Wilson presentò al Congresso la proposta di entrare in guerra; il 6 aprile 1917 gli USA dichiararono guerra alla Germania.

L'esercito statunitense e la Guardia Nazionale erano già stati mobilitati nel 1916 per dare la caccia al rivoluzionario messicano Pancho Villa, il che rese gli spostamenti più veloci. La Marina statunitense fu in grado di inviare un gruppo di navi da guerra a Scapa Flow per unirsi alla flotta britannica e un gruppo di incrociatori a Queenstown, in Irlanda, per aiutare a scortare i convogli. Comunque, occorse del tempo prima che le forze statunitensi fossero in grado di contribuire significativamente sul fronte occidentale e su quello italiano. Con l'entrata in guerra degli USA, si crea una potentissima alleanza: la grande potenza economica, i due imperi più grandi del tempo (Impero britannico e Impero russo), delle nazioni economicamente forti (Italia, Francia, Giappone e gli stati del Commonwealth che erano sotto il controllo del Regno Unito ma godevano di ampia autonomia). Tutta questa potenza era contrapposta all'Impero tedesco, potente ma alleato con due nazioni decadenti (Impero ottomano e Impero austro-ungarico) e con la piccola Bulgaria che, pur tenace, non rappresentava un ostacolo insormontabile: la vittoria era quindi prossima.

Britannici e francesi insistettero sull'invio di fanteria statunitense per rinforzare le linee. Durante la guerra, le forze americane furono a corto di una propria artiglieria, aviazione e di unità del genio. Comunque, il generale John J. Pershing, comandante della forza di spedizione americana, rifiutò il disgregamento delle unità statunitensi, suggerito dagli alleati[senza fonte] per utilizzarle come rinforzo di quelle francesi e britanniche.

Offensiva tedesca del 1918


L'entrata in guerra degli Stati Uniti nel 1917 aveva reso certo l'eventuale arrivo di nuovi uomini per le potenze dell'Intesa, mentre il ritiro della Russia e la disfatta italiana di Caporetto avevano permesso il trasporto di truppe tedesche ad ovest. Quattro successive offensive tedesche seguirono quella del 27 maggio, portando a guadagni in direzione di Parigi, comparabili a quelli dell'avanzata del 1914.

Il blocco navale imposto dall'Intesa, però, limitava agli imperi centrali lo sforzo bellico. Da qui l'esigenza di passare all'offensiva.

Il 21 marzo 1918 la Germania lanciò una grossa offensiva, l'«Operazione Michael», contro le truppe britanniche e del Commonwealth. L'esercito tedesco aveva sviluppato una nuova tattica che prevedeva l'utilizzo di incursori addestrati ad infiltrarsi nelle trincee e catturarle. L'artiglieria tedesca alle 4.40 del mattino, iniziò un bombardamento di 5 ore con 6000 boa Forza di spedizione britannica (BEF), tanto che il loro comandante, il maresciallo di campo Sir Douglas Haig, emise un ordine generale l'11 aprile che dichiarava: «Con le spalle al muro, e credendo nella giustezza della nostra causa, ognuno di noi deve combattere fino alla fine». Comunque, per quel momento, l'offensiva tedesca si era fermata, a causa di problemi logistici. I contrattacchi dei canadesi e delle forze dell'ANZAC spinsero indietro i tedeschi.

Parallelamente, in giugno, anche gli austro-ungarici operarono una violenta offensiva sul fronte italiano, nel tentativo di sfondare la linea del Piave e giungere fino alla valle Padana, chiudendo definitivamente la partita con gli italiani. Ma in quella che fu poi definita la Battaglia del solstizio, gli italiani non solo seppero resistere alla potente offensiva, ma anzi inflissero pesantissime perdite agli austro-ungarici, che videro così sfumare l'ultima occasione di vittoria, peraltro in un quadro di gravissima difficoltà interna economica e sociale, dovuta al protrarsi del conflitto.

Vittoria dell'Intesa

La forza di spedizione americana, comandata dal generale John J. Pershing, entrò in battaglia in numeri significativi nell'aprile 1918. Nella battaglia di Bosco Belleau, dal 1º al 30 giugno 1918, la seconda divisione, comprendente il Corpo dei Marines, aiutò ad annullare l'offensiva tedesca che minacciava Parigi.

Il 18 luglio 1918, alla battaglia di Château-Thierry, le forze francesi e statunitensi passarono all'offensiva. L'esercito britannico, usando un gran numero di carri armati, attaccò ad Amiens l'8 agosto causando tale sorpresa e confusione che il comandante in capo tedesco, generale Ludendorff, disse che fu «il giorno più nero dell'esercito tedesco».

Il 12 settembre la Prima Armata statunitense, che era stata recentemente costituita dalla Forza di spedizione americana, andò all'attacco del saliente di Saint-Mihiel, che la Germania occupava dal 1914. Questo saliente minacciava la linea ferroviaria Parigi-Nancy. Le forze americane erano carenti di supporto dell'artiglieria, che veniva fornito da francesi e britannici. Questa fu anche la prima occasione in cui vennero usati i carri armati americani, guidati dal tenente colonnello George Smith Patton. Quattro giorni dopo il saliente era stato ripulito.

Alle 5.30 del 26 settembre le forze americane iniziavano l'offensiva Mosa-Argonne, che continuò fino alla fine della guerra; si misero in moto più di 700 carri armati seguiti dalla fanteria e i tedeschi furono costretti a ripiegare di 5 km. Un posto di osservazione chiave dei tedeschi, sulla quota 305 a Montfaucon-d'Argonne venne catturato il 27 settembre, quel giorno i tedeschi prigionieri furono più di 23.000. Circa 18.000 americani caddero durante l'offensiva, che fu la prima condotta dagli Stati Uniti come esercito indipendente. Il generale Pershing puntava al fiume Reno, che si aspettava di oltrepassare all'inizio del 1919.

Il 24 ottobre l'esercito italiano, con un limitato supporto alleato (3 divisioni francesi, 2 inglesi, un reggimento americano) iniziò la sua offensiva (che durò fino al 4 novembre) che vide lo scontro tra 55 divisioni italiane contro 60 austriache. Il comando italiano aveva studiato bene il piano, che non prevedeva attacchi frontali, ma un colpo concentrato su un unico punto per spezzare il fronte. Il punto prescelto era Vittorio Veneto, dove la 5ª e la 6ª Armata austriaca si congiungevano: quindi un punto nevralgico per i collegamenti. L'offensiva iniziò con una manovra diversiva, la 4ª Armata iniziò un attacco sul Monte Grappa, attirandosi contro la maggioranza dei rinforzi austriaci. La piena del Piave costrinse all'inazione quel fronte, gli austriaci credettero che quello della 4ª Armata fosse l'attacco principale e continuarono a contrastarlo con tutte le forze.

Nella notte tra 28 e 29 anche sul Piave si passò all'attacco, le prime ore furono terribili, la corrente era forte e le teste di ponte restavano spesso isolate, ma alla fine l'8ª Armata superò il fiume ed iniziò ad avanzare, la 10ª e la 12ª si allargarono sulle sue ali per coprire l'avanzata, il fronte si spezzò e si innescò una processo di disfacimento che rese l'esercito imperiale ingovernabile. Il profilarsi della sconfitta fece aumentare le diserzioni, interi reparti abbandonarono le linee; il 30 ottobre l'esercito italiano era a Vittorio Veneto, mentre altre unità militari italiane passavano il Piave ed avanzavano. La corsa proseguì per altri tre giorni, il 3 si arrivò a Trento, la marina sbarcò a Trieste, il 4 novembre l'Austria capitolò. Con il crollo dell'Impero Asburgico la minaccia dell'apertura di un nuovo fronte a sud divenne reale e la Germania, pur ancora sostanzialmente imbattuta e saldamente in territorio francese, sette giorni dopo l'Austria decise di abbandonare la lotta.

Fine della guerra

La Bulgaria fu il primo tra gli Imperi Centrali a firmare l'armistizio (29 settembre 1918), seguito dalla Turchia (30 ottobre). La Germania richiese un cessate il fuoco il 3 novembre 1918, seguita dall'Austria-Ungheria. I combattimenti terminarono con l'armistizio concordato l'11 novembre a Compiègne. Austria e Ungheria firmarono due armistizi separati a seguito del rovesciamento della monarchia asburgica.

La sconfitta dell'esercito austro-ungarico venne annunciata all'Italia dal famoso bollettino del generale Armando Diaz il 4 novembre 1918: La guerra contro l'Austria-Ungheria che, sotto l'alta guida di S.M. il Re, duce supremo, l'Esercito Italiano, inferiore per numero e per mezzi, iniziò il 24 maggio 1915 e con fede incrollabile e tenace valore condusse ininterrotta ed asprissima per 41 mesi, è vinta.

Il maggiore Harry S. Truman fece sparare i cannoni al suo battaglione fino agli ultimi minuti: La mia batteria sparò, com'era ordinato, fino alle 10.45 quando esplose l'ultimo colpo Circa trent'anni dopo, il maggiore divenne presidente degli Stati Uniti. Fu lui a ordinare il lancio delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki, che pose fine alla seconda guerra mondiale. Si può in qualche modo dire che Truman fece terminare entrambe le guerre mondiali.

Sotto molti punti di vista, l'ultimo giorno della prima guerra mondiale, l'11 novembre 1918, fu uno dei più tragici del conflitto. Nonostante alle 5 ora francese fosse stato firmato l'armistizio, operativo dalle 11[58], i comandanti alleati, desiderosi di ottenere premi per ulteriori avanzate, mandarono al macello migliaia di propri soldati che i tedeschi, comunque ancora ben armati, uccisero facilmente.

Quando le lancette degli orologi segnarono le 11, "Ci fu un attimo di silenzio e di attesa, poi si udì uno strano mormorio, che gli osservatori in posizione molto arretrata rispetto al fronte paragonarono al soffio di una brezza leggera. Erano gli uomini che esultavano dal Vosgi fino al mare."

Guglielmo II ostinatamente ordinò alla Flotta d'alto mare tedesca una sortita contro le navi alleate il 29 ottobre 1918, questa si ammutinò a Wilhelmshaven: morirono 9 marinai.

Il 9 novembre 1918 venne proclamata in Germania la repubblica, avvenimento che segnò la fine dell'Impero tedesco nato nel 1871. Il Kaiser fuggì il giorno seguente nei Paesi Bassi, dove gli venne garantito l'asilo politico fino alla morte (avvenuta nel 1941, poco tempo dopo l'occupazione militare dei Paesi Bassi da parte delle truppe del Terzo Reich di Hitler, durante la seconda guerra mondiale).

Perdite

Nazione Mobilitati Morti Feriti Dispersi o prigionieri
Imperi Centrali
Impero austro-ungarico 7.800.000 1.200.000 3.620.000 2.220.000
Impero Germanico 11.000.000 1.773.700 4.216.058 1.152.800
Impero ottomano 2.850.000 325.000 400.000 250.000
Bulgaria 1.200.000 87.500 152.390 27.029
Intesa
Belgio 267.000 13.716 44.686 34.659
Impero britannico 8.904.467 908.371 2.090.312 191.652
Francia 8.410.000 1.357.800 4.266.000 537.000
Grecia 230.000 5.000 21.000 1.000
Regno d'Italia 5.615.000 650.000 947.000 600.000
Giappone 800.000 300 907 3
Montenegro 50.000 3.000 10.000 7.000
Portogallo 100.000 7.222 13.751 12.318
Romania 750.000 335.706 120.000 80.000
Impero russo (fino al 1917) 12.000.000 1.700.000 4.950.000 2.500.000
Serbia 707.343 45.000 133.148 152.958
Stati Uniti 4.355.000 126.000 234.300 4.500
Totale 65.018.810 8.678.013 21.187.715 7.687.798

Commento personale: Questa è stata una guerra massacrante, con un bilancio di morti sconvolgente e come al solito la nostra Italia non è stata altamente competente con il resto dell'intesa ed avversari. Il resoconto di questi problemi ha portato un deficit assurdo sulla popolazione e non solo. Dove c'è la parola GUERRA, c'è la parola DISTRUZIONE.

Book Fotografico



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SPOILER (click to view)

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SCOPPIO DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE



FRONTE OCCIDENTALE




LA GUERRA IN TRINCEA

 
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Ryuzaki-95
view post Posted on 7/12/2010, 15:16




Bel lavoro.
 
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DonMimmo8
view post Posted on 7/12/2010, 23:12




Complimenti Spetsnaz, quoto con Ryuzaki
 
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Spetsnaz_88
view post Posted on 7/12/2010, 23:25




Grazie ragazzi, questa è storia. Tengo molto a questo argomento quindi ho messo impegno.
 
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Col_RoyMustang
view post Posted on 7/12/2010, 23:27




la so a memoria
 
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Spetsnaz_88
view post Posted on 7/12/2010, 23:29




A chi lo dici. :)
 
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AleCannonBall
view post Posted on 8/12/2010, 01:43




Bell'articolo^^ la 1^ guerra mi affascina.
 
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~»Shadow«~
view post Posted on 8/12/2010, 16:37




Lavoro eccellente.
 
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7 replies since 7/12/2010, 10:16   1565 views
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