Recensione oblivion

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HaWx_KoNaN
view post Posted on 8/7/2013, 00:29




L'avventura comincia, come tutti i capitoli della serie, in una logora prigione della capitale. Introdotto per mano del sovrano agli eventi che danno il via ad un'ipotetica Storyline principale, il giocatore si troverà ben presto di fronte all'editor del personaggio. Oltre ai pregi di un sistema dinamico per il Morphing facciale, sarà il gran numero di opzioni ad essere gradito. In aggiunta ai tratti somatici del proprio alter ego, l'utente dovrà deciderne sesso, razza, segno zodiacale e classe. Tutti questi aspetti influenzeranno piuttosto pesantemente il prosieguo dell'avventura: l'appartenenza ad un'etnia delle 9 presenti nel continente non è meramente estetica, ma si riflette sia sulle caratteristiche fisiche di base che su alcune abilità speciali (resistenza alle malattie, possibilità di incantare animali o di evocare spiriti). Analogamente gli astri regoleranno alcuni bonus, fondamentali per il futuro agire del personaggio (quantità di Mana e modalità di recupero dello stesso, ad esempio). Assieme alla scelta della classe (o alla creazione di una propria “categoria professionale”), sono le prime fasi di gioco che tanto pesantemente modificano l'intera esperienza. I programmatori hanno tentato di venire incontro agli utenti meno navigati, proponendo selezioni automatiche in base al comportamento tenuto dal giocatore nell'affrontare il primo dungeon, ma le conseguenze delle selezioni iniziali sono così pesanti che questo sforzo sembra essere poco proficuo. Con tutta probabilità i giocatori poco avvezzi al genere, che ancora non hanno una precisa idea di cosa vogliono dal loro personaggio, dovranno ripetere le prime battute di gioco dopo qualche scampagnata prolungata nelle lande di Oblivion. Del resto la classe non solo determina le possibilità dell'alter ego, ma lega a doppia mandata l'agire del giocatore con il graduale potenziamento dell'eroe. A tutti gli effetti la classe definisce quali fra le molte abilità del personaggio sono da considerarsi principali per la sua formazione. Esistono, come ovvio, abilità magiche (divise in sette scuole), taumaturgiche, belliche, furtive, alchemiche e altre di validità più generale. Soltanto allenando quelle principali il protagonista salirà di livello e guadagnerà punti da spendere per incrementare le proprie caratteristiche generali (ovviamente sarà possibile allenare anche le altre capacità, ottenendo i benefici del caso, ma senza ulteriore utilità). Se si considera poi che è il continuo e frequente ripetersi delle azioni “in game” che regola il progresso delle abilità si capisce quanto delicata sia questa scelta. Non solo perchè si rischia di rimanere costretti a compiere azioni che ci risultano noiose: il pericolo maggiore è quello di non riuscire a calarsi nei panni del proprio personaggio, perdendo gran parte di quella “magia immersiva” che fa di Oblivion un grande videogioco. Del resto le meccaniche di comportamento proprie del guerriero (basate sul tempismo di parate e fendenti, in un sistema che ricorda quello di Condamned) sono così diverse da quelle del mago (giocate sull'alternanza di incantesimi d'evocazione, di contatto, di cura) e del ladro (attacchi furtivi), che è impossibile considerare il gameplay di Oblivion come se avesse una sola faccia. Le meccaniche di gioco del titolo in esame sono poliedriche e sfaccettate: esistono in definitiva più linee guida da seguire, ognuna con un ben definito carattere.
Un sistema di questo genere, se da un lato è in grado di far contento chiunque sia cresciuto sulle schede di D&D (o cartacei meno commerciali, per i veri cultori), dall'altro potrebbe presentare qualche ipotetico problema. Ad esempio c'è il rischio che, spazientiti dall'incedere lento e mossi dalla voglia di far crescere il proprio eroe, i giocatori si trovino ben presto a “macrare” vistosamente, saltando qua e là per aumentare le abilità atletiche o evocando spiriti in continuazione per dimostrarsi maghi preparati. Se questo aspetto sia o meno da considerare un difetto (la stampa non sembra aver avuto dubbi a riguardo), è una questione da rimettere all'etica professionale del videogiocatore: Oblivion non costringe ad imbrogliare. Un sistema che anzi regola la potenza dei nemici più comuni in base al livello del protagonista sembra funzionare da deterrente. Chiunque avrà la pazienza, la voglia e anche la giusta “educazione” ludica per lasciarsi andare, vagando per città e dungeon senza esagerare nel suo allenamento forzato (sia chiaro che un minimo è necessario), allora saprà godersi una delle più complete esperienze ruolistiche.

Fonti: www.everyeye.it
[HAWX]konan
 
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